ASIAGO LEITEN

Esistono in ogni paese del nuovo e del vecchio continente dei luoghi sacri e simbolici al contempo che riassumono la storia delle Nazioni le quali vi videro combattere, soffrire e spesso morire i propri uomini migliori consentendo al paese di nascere, rinascere o semplicemente resistere. Ad esempio lo sono dal 1863 Gettysburg negli Stati Uniti d’America, dal 1918 Verdun in Francia, dal 1805 il mare di Trafalgar per la Gran Bretagna, dal 1942 Stalingrado in Russia. Nella pagine della storia d’Italia invece questi si chiamano, fra gli altri, Altopiano di Asiago e Monte Ortigara. Ad Asiago, nel grande Sacrario che raccolse tra gli altri i Caduti sulla montagna “sacra”, un vero Calvario per migliaia di Alpini, riposano in pace dalla fine della Grande Guerra oltre cinquantaquattromila Caduti italiani e austroungarici “fratelli di ora e di sempre che furon nemici solo nell’attimo supremo dell’incontro con Dio” (dai versi di O. Ferrari sulla lapide del Ten. Franz Strait, I.R. nt. 54, caduto a Cesuna di Roana - Altopiano di Asiago - il 16 giugno 1918). Perchè in Altopiano, oltre alla storia d'Italia, come vedrete, durante la Grande Guerra si incontrò quella dell'intera Europa così come oggi la conosciamo. Quella della costruzione del Sacrario del Leiten è stata un'opera immensa, ritratta qui di seguito in alcune immagini gentilmente concesseci da una delle nostre principali Collezioni sulla Grande Guerra, quella di Francesco Zambon (fotografie contemporanee di Stefano Aluisini e Ruggero Dal Molin).

Sotto alcune immagini scattate all’interno del Sacrario dove troviamo anche le lapidi di alcuni personaggi divenuti poi famosi. Ad esempio quella del Ten. Avellini (il cui vero nome era Eugenio Avallone), protagonista di una delle pagine più toccanti del noto libro di Emilio Lussu “Un Anno sull’Altipiano”. E quella del Generale Eugenio Di Maria, comandante della Brigata "Sassari" caduto nel 1916 in testa ai suoi uomini nei primi attacchi allo Zebio. O quella del S.Ten. Adolfo Ferrero, il ventenne del Battaglione Alpini Val Dora, il caduto simbolo della battaglia dell’Ortigara, conosciuto per la sua commovente lettera testamento ritrovata 40 anni dopo su quel terribile campo di battaglia tra i miseri resti del suo attendente.

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